Paola Mastrocola – Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare

  • Editore: Guanda
  • Anno di pubblicazione: 2011
  • Pagine: 271
  • Prezzo di copertina: 17 €
  • Genere: Saggio

I libri della Mastrocola hanno tutti una caratteristica comune: uno stile narrativo, di scrittura, davvero coinvolgente. Questo libro però è il primo di quelli di questa autrice che davvero non mi ha coinvolto. La difficoltà che ha ostacolato la mia lettura è stata perciò solo a livello contenutistico. Non si può negare infatti che l’autrice sappia catturare i suoi lettori e che dimostri il coraggio di prendere posizioni chiare. Personalmente ho trovato questo libro vittima di molte argomentazioni composte da categorizzazioni. L’obiettivo della Mastrocola è di illustrare lo stato attuale del sistema di istruzione italiano, con una proposta alternativa finale, ma anche con un’amarezza di “arresa” alla sfida dell’insegnamento della conoscenza ai giovani che attraversa molte pagine. “L’alunno-tipo” descritto in alcuni passaggi dall’autrice mi è sembrato molto riduttivo. Certo, è un modello d’esempio che supporta l’argomentazione e che per molti corrisponderà al reale. Per me invece, è una prospettiva sbagliata. “L’alunno-tipo” infatti mi pare essere descritto a partire dal costrutto mentale, dagli schemi propri dell’autrice stessa. Questo a parere mio è un errore, poiché nel libro la gioventù di oggi diventa la descrizione di ciò che essa è per la Mastrocola, non ciò che è per davvero. Ovviamente ognuno ha il suo punto di vista, ed è difficile staccarsi dalla propria visione, ma conoscere “dall’interno” i giovani di oggi sarebbe secondo me più attendibile. E conoscere in questo modo non è possibile stando solo dalla parte della cattedra. Io non ci credo che i giovani di oggi non vogliano conoscere e che a loro non interessi Torquato Tasso. Credo invece che la conoscenza da apprendere abbia agganci al presente (se non al futuro). Per vedere questi agganci si deve però stare al passo con i tempi, capire cosa cerchino e dove guardino i ragazzi di oggi per puntare il dito con loro ai sensi del conoscere ancora (e sempre) presenti. Il dito però non si punta sempre allo stesso orizzonte: i giovani cambiano e chi lavora nel campo educativo deve a sua volta saper trasformarsi con loro (non PER loro, ma CON loro).

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